“Scoprirsi, non coprirsi”: il vero benessere parte da dentro

Viviamo in una società che ci abitua a “coprire” più che a “scoprire”. Copriamo i sintomi con una pillola, copriamo la stanchezza con un caffè, copriamo le emozioni con il cibo, e spesso copriamo anche la nostra vera natura per aderire ad un modello imposto o per sentirci accettati da qualcuno.

Il benessere, quello che dura, che trasforma e che nutre, nasce quando smettiamo di coprirci con maschere, ruoli o modelli ed iniziamo a scoprirci per chi realmente siamo.

Per me questo significa accompagnare le persone in un percorso di ritorno all’ascolto del proprio corpo, dei propri bisogni autentici e delle risorse interiori. Significa smettere di seguire “la dieta del momento” o “l’integratore miracoloso” e iniziare a capire chi si è davvero, di cosa si ha bisogno, cosa fa bene davvero, qual è l’ unicità biologica e personale.

Ogni corpo racconta una storia, ed ogni storia è irripetibile. Per questo motivo, non esistono modelli di salute universali o schemi standard da seguire alla lettera, quello che conta davvero è la consapevolezza, il rispetto dei propri tempi, delle proprie vulnerabilità, dei propri punti di forza.

C’è chi ha bisogno di silenzio, chi di movimento, c’e chi si ricarica mangiando in compagnia e chi preferisce farlo da solo, chi ha bisogno di lavorare sulla gestione dello stress prima ancora che sul piano alimentare… Ed è tutto giusto, se ti rispecchia.

In epigenetica parliamo spesso di ambiente favorevole all’espressione del benessere: la salutogenesi, a differenza della patogenesi che si concentra sulla malattia, si interessa di ciò che genera salute, e tra i principali fattori salutogenici ci sono proprio la libertà di scelta, la capacità di adattamento, il senso di coerenza e l’autenticità.

Ritrovare il piacere di mangiare in modo intuitivo, il gusto per il movimento libero (non obbligato), la connessione con la natura, il sonno ristoratore e la gestione emotiva non sono “aggiustamenti estetici” alla vita, bensì atti di valorizzazione del sé: non si tratta di “aggiustare” ciò che non va, ma di esaltare ciò che funziona, ciò che sei, ciò che merita attenzione.

Spesso ci chiediamo: “Come mi vedranno gli altri?”, “Sto facendo la cosa giusta?”… Ed il corpo, a differenza della mente, risponde sempre con sincerità. 

Ti dice se sei in equilibrio od in tensione, se stai seguendo la tua strada o stai tradendo te stesso per compiacere qualcun altro. 

Ascoltarlo è il primo passo per creare benessere duraturo.

Ogni sintomo, ogni disagio, ogni infiammazione è un messaggio, non è qualcosa da coprire, è qualcosa da comprendere. 

Perché solo così si può davvero stare bene con se stessi: non quando nascondiamo, ma quando ci concediamo il lusso, ed il coraggio, di scoprire, di scoprirci. 

Ognuno ha un “punto di forza” anche nel corpo: c’è chi ha un metabolismo vivace, chi una grande resilienza emotiva, chi una mente lucida anche nei momenti difficili. Invece di omologare tutto, impariamo a coltivare questi punti di luce, perché da lì parte il cambiamento. Il resto viene accompagnato con gentilezza, non con imposizione.

Nel percorso verso il benessere ci sono due elementi preziosi che nessun protocollo può prescrivere: la consapevolezza e l’esperienza trasformata.

La consapevolezza di ascoltarsi davvero, di fare scelte in sintonia con sé stessi, di saper dire no quando serve.

E l’esperienza del dolore, non evitato, ma attraversato, compreso, integrato, che diventa forza silenziosa, presenza autentica.

Da lì nasce quella luce unica, che nessun trattamento può donare: la luce di chi si è scoperto davvero.

Stare bene non significa mai omologarsi. Bensì scoprirsi. Accettarsi, valorizzarsi per ciò che si è,essere coerenti con se stessi, ed inizia proprio quando smettiamo di nasconderci e cominciamo a risplendere per ciò che davvero siamo. 


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